Il Carcere

Nei primi anni ’70 Mario Tommasini è impegnato ad approntare, da un punto di vista sia teorico che pratico, un modello di azione politica che possa superare la distanza tra istituzioni e cittadini, arrivando ad interpretare correttamente le necessità e le aspirazioni di una comunità, anziché reprimerne gli slanci creativi e sociali. Matura in questo contesto la convinzione di dover dedicare attenzione anche a quanto avviene tra le controllatissime mura del carcere. Una convinzione che Tommasini mutua anche in virtù di personali esperienze fatte con quella comunità negli anni delle lotte sindacali di piazza, che spesso terminavano con arresti di massa e brevi “soggiorni” a San Francesco. La prima azione si concentrerà sul carcere minorile, struttura repressiva all’ennesima potenza perché progettata per ragazzi non ancora formati e per questo facili prede di una cultura criminale che all’interno di queste strutture prospera. Negli anni ’80, da assessore, maturerà l’esigenza di un impegno verso il sistema carcere tout court alla luce della possibilità di offrire pene alternative e inserimento lavorativo per molti dei detenuti. Nascerà da questa esperienza la cooperativa sociale Sirio, creata proprio per offrire un lavoro a molti dei detenuti del carcere di Parma.

Il Carcere Minorile

Tra il 1971 e il 1973 la lotta contro la discriminazione e l’istituzionalizzazione si estese anche al carcere minorile della Certosa in cui erano detenuti centoventi  minori.
L’operazione fu facilitata dal fatto che sia il direttore della Certosa che il presidente della Provincia furono favorevoli al rilascio del primo gruppo di ragazzi, attraverso forme di affidamento sociale e, quando era possibile, il ritorno alle famiglie d’origine.
Nel giro di tre anni il carcere minorile fu totalmente svuotato e la Certosa fu trasformata in una scuola per guardie carcerarie.
L’efficacia dell’operazione fu confermata dal fatto che nessuno dei ragazzi rilasciati creò mai problemi; a tutti furono dati la possibilità di frequentare una scuola o di lavorare sia presso aziende che nelle cooperative create nel frattempo: La Bula, Il Torchio, Il Molinetto, L’Oltretorrente, la Operaia 78, Insieme.
Scrive Tommasini nella prefazione al volume “Il gatto della libertà” di Corrado Marcetti: “Trasformiamo la pena in aiuto concreto, la sofferenza in riflessione.
Costruiamo nuove, concrete prospettive di vita: uscire da una cella non basta.
Occorre invece uscire dalla logica che in cella ha condotto.
Per arrivare a questo, è indispensabile confrontarsi, fare delle esperienze di vita autentica che troppe volte il detenuto non ha avuto la possibilità di avere.
Un lavoro socialmente utile, una ritrovata dignità acquisita attraverso la pratica di un lavoro, riconduce un detenuto alla società. A Parma, come ormai in tutta Italia, tanti sono i detenuti usciti in lavoro esterno, in semilibertà. Lavorano al nostro fianco, nelle fabbriche, nelle cooperative, nelle aziende. Hanno cura del verde pubblico delle nostre scuole materne, vicino ai nostri figli molte volte più di quanto lo possano essere ai loro”.

 

I primi affidi

Era la fine del 1981 quando arrivarono al carcere di Parma due detenuti accusati di terrorismo. Vi furono trasferiti perché in sciopero della fame e la struttura parmigiana serviva anche da ospedale. Le loro richieste erano di essere giudicati dopo tre anni di attesa in cella, proclamandosi inutilmente innocenti. Tommasini, appoggiato in questo dal sindaco Lauro Grossi, si rifiutò di firmare per il trattamento sanitario obbligatorio, e questo aprì la strada ad un importante dibattito pubblico cittadino e nazionale. Nel 1982 la battaglia era vinta e una dei due detenuti (l’altro era stato trasferito a Modena) fu affidato ai Servizi Sociali del Comune di Parma. Successivamente destò scalpore un’analoga richiesta di affidamento fatta questa volta per cinque minorenni parmigiani, accusati dell’omicidio di un loro coetaneo (il cosiddetto “Delitto del Federale”).
A seguito di queste esperienze, nel 1984 fu organizzato il convegno “Liberarsi della necessità del carcere” al quale parteciparono magistrati, direttori di carceri e società civile.

 

La Cooperativa Sirio

Da sinistra Mario Zucchi, Mario Tommasini, Sonia Biavardi e Manuel Bondì

La Sirio è la prima cooperativa sociale di Parma ed è stata costituita nel 1986 per volontà di Tommasini e di un gruppo di persone convinte che il carcere non sia né uno strumento di rieducazione né un’opportunità di liberazione degli individui. La legge Gozzini in quegli anni aveva aperto opportunità nuove e sostanziali per quelle che si definiscono “misure alternative”. Sirio si costituisce puntando ad essere un primo strumento concreto per far vivere ai detenuti del carcere delle opportunità di formazione e di lavoro che mai prima la città aveva sperimentato: mettendosi in campo come impresa sociale (nel settore ambiente e socio educativo) dedicata a creare opportunità di lavoro per i detenuti ma anche per altri soggetti provenienti dall’area del disagio sociale.

[contact-form-7 404 "Not Found"]